Orario Sante Messe

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Preghiera di Taizè

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Don Mario incontra Papa Francesco

Don e il Papa1Don Mario ha partecipato alle giornate celebrative del 50mo anniversario della Pacem in terris, Enciclica di Giovanni XXIII, che si sono svolte a Roma dal 2 la 4 ottobre. Papa Francesco ha sottolineato l’attualità del principio da essa affermato: il fondamento della costruzione della pace “consiste nell’origine divina dell’uomo, della società e dell’autorità stessa”. Per cui “non sono solamente i principali diritti civili e politici che devono essere garantiti, ma si deve anche offrire ad ognuno la possibilità di accedere effettivamente ai mezzi essenziali di sussistenza”.

 

 

Per i 50 anni della “Pacem in terris” Papa Francesco esorta a costruire la pace su giustizia e solidarietà

Don e il Papa2Città del Vaticano – Il fondamento della costruzione della pace “consiste nell’origine divina dell’uomo, della società e dell’autorità stessa, che impegna i singoli, le famiglie, i vari gruppi sociali e gli Stati a vivere rapporti di giustizia e di solidarietà”. Lo affermava, 50 anni fa, l’enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris e, anche se molte cose sono cambiate nel mondo e nella consapevolezza degli uomini, il richiamo in essa contenuto rimane fortemente attuale.
E, evidenzia oggi papa Francesco, “la crisi economica mondiale, che è un sintomo grave della mancanza di rispetto per l’uomo e per la verità con cui sono state prese decisioni da parte dei Governi e dei cittadini, ce lo dice con chiarezza”.
Il “fondamento” della pace e cosa fare per costruirla sono stati al centro della riflessione che Francesco ha fatto oggi ricevendo i partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace in occasione delle giornate celebrative del 50mo anniversario della Pacem in terris, in corso a Roma dal 2 al 4 ottobre.
Quando papa Giovanni pubblicò l’enciclica, l’11 aprile 1963 “era l’apice della cosiddetta guerra fredda. Alla fine del 1962 l’umanità si era trovata sull’orlo di un conflitto atomico mondiale”. Il grido “pace, pace” lanciato da papa Roncalli “era un grido agli uomini, ma era anche una supplica rivolta al Cielo. Il dialogo che allora faticosamente iniziò tra i grandi blocchi contrapposti ha portato, durante il Pontificato di un altro Beato, Giovanni Paolo II, al superamento di quella fase e all’apertura di spazi di libertà e di dialogo. I semi di pace gettati dal Beato Giovanni XXIII hanno portato frutti. Eppure, nonostante siano caduti muri e barriere, il mondo continua ad avere bisogno di pace e il richiamo della Pacem in terris rimane fortemente attuale”.
Essa diceva che è compito di tutti gli uomini costruire la pace, sull’esempio di Gesù Cristo, attraverso “due strade: promuovere e praticare la giustizia, con verità e amore; contribuire, ognuno secondo le sue possibilità, allo sviluppo umano integrale, secondo la logica della solidarietà”.
“Guardando alla nostra realtà attuale, mi chiedo se abbiamo compreso questa lezione della Pacem in terris. Mi chiedo se le parole giustizia e solidarietà sono solo nel nostro dizionario o tutti operiamo perché divengano realtà. L’Enciclica del Beato Giovanni XXIII ci ricorda chiaramente che non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta e solidale, se non superiamo egoismi, individualismi, interessi di gruppo e questo a tutti i livelli”.
“Ma andiamo ancora avanti. Quali conseguenze ha richiamare l’origine divina dell’uomo, della società e della stessa autorità? La Pacem in terris focalizza una conseguenza di base: il valore della persona, la dignità di ogni essere umano, da promuovere, rispettare e tutelare sempre. E non sono solamente i principali diritti civili e politici che devono essere garantiti – afferma il beato Giovanni XXIII – ma si deve anche offrire ad ognuno la possibilità di accedere effettivamente ai mezzi essenziali di sussistenza, il cibo, l’acqua, la casa, le cure sanitarie, l’istruzione e la possibilità di formare e sostenere una famiglia. Questi sono gli obiettivi che hanno una priorità inderogabile nell’azione nazionale e internazionale e ne misurano la bontà. Da essi dipende una pace duratura per tutti”.
L’enciclica certo non poneva tra i compiti della Chiesa dare indicazioni concrete sulle materie politiche, economiche e sociali, ma “mirava a orientare il dibattito internazionale” secondo le virtù del dialogo, dell’ascolto, della pazienza, del rispetto dell’altro, della sincerità e anche della disponibilità a rivedere la propria opinione.
Di fronte a questioni attuali, come “l’emergenza educativa, l’influsso dei mezzi di comunicazione di massa sulle coscienze, l’accesso alle risorse della terra, il buono o cattivo uso dei risultati delle ricerche biologiche, la corsa agli armamenti e le misure di sicurezza nazionali ed internazionali”, la ”Pacem in terris traccia una linea che va dalla pace da costruire nel cuore degli uomini ad un ripensamento del nostro modello di sviluppo e di azione a tutti i livelli, perché il nostro mondo sia un mondo di pace. Mi domando se siamo disposti a raccoglierne l’invito”.

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